A più di un mese dalla pubblicazione del comunicato stampa del 24 ottobre 2012, la Corte Costituzionale ha reso note le motivazioni secondo cui è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 5 comma I del d.lgs. 28/2010, nella parte in cui si è previsto l’esperimento della procedura di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale per tutta una serie di materie tassativamente individuate.
Per tutti gli operatori del mondo della mediazione e del diritto il decisus della Corte sgombra il campo da tutta una serie di teorie , ipotesi e congetture che erano state avanzate in merito ai possibili contenuti dell’iter motivazionale in oggetto, e sul futuro della mediazione in Italia.
Infatti la Corte, in linea con il comunicato stampa, ha affrontato il punto che ha ritenuto, poi, assorbente, e cioè’ quello dell’eccesso di delega legislativa del d.lgs. 28/2010 rispetto alle indicazioni e alle direttive date dalla legge delega, che secondo i Giudici della Corte non aveva previsto, né esplicitamente, né implicitamente il potere per il legislatore delegato di prevedere l’istituto della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
La Corte non si è spinta oltre, ma anzi in una sequenza logica delle questioni da analizzare ha ritenuto l’eccesso di delega come assorbente. In questo caso due ipotesi potrebbero avanzarsi:
1) La Corte non ha analizzato gli altri profili; 2) La Corte ha ritenuto implicitamente non rilevanti le altre sollevate: mi riferisco alla compatibilità dell’articolo 5, comma I, citato con gli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.
A favore di questa seconda possibile interpretazione militano, ad avviso di chi scrive le seguenti riflessioni (ovviamente formulate a caldo e che non hanno alcuna pretesa di completezza). Infatti se fosse stato l’inverso , e cioè una contrarietà dell’articolo 5 citato con gli articoli 3,24, e 111 della Costituzione, ogni riferimento alla delega sarebbe risultato , ad avviso dello scrivente ininfluente , perché sarebbe venuto meno in radice ogni ragionamento astratto sulla configurabilità o meno in Italia di una mediazione di tipo obbligatorio, in quanto neppure il parlamento avrebbe potuto conferire la delega al Governo. Del resto i riferimenti che la Corte fa anche alla normativa Europea depongono in senso favorevole a tale ricostruzione. Difatti in un passo della motivazione si legge che “la disciplina dell’UE si rivela neutrale in ordine alla scelta del modello di mediazione da adottare, la quale resta demandata ai singoli Stati membri, purché sia garantito il diritto di adire i giudici competenti per la definizione giudiziaria delle controversie“. Quindi sono gli Stati che decidono se deve essere obbligatoria o meno. In questo la Corte Costituzionale ravvisa dunque, implicitamente la compatibilità di un modello di mediazione di tipo obbligatorio con la normativa Europea (altrimenti non si parlerebbe di “neutralità” ma di “contrarietà”). Sul punto vengono richiamate tutta una serie di disposizioni: prima fra tutte la direttiva 2008/52/CE ove all’articolo 5 comma 2, dispone che: “La presente direttiva lascia impregiudicata la legislazione nazionale che rende il ricorso alla mediazione obbligatorio oppure soggetto ad incentivi o sanzioni sia prima che dopo l’inizio del procedimento giudiziario, purché tale legislazione non impedisca alle parti di esercitare il diritto di accesso al sistema giudiziario”.
Dunque nessuno “scandalo costituzionale” per un modello di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale , ma semplicemente un eccesso di delega del legislatore delegato, rispetto a quello delegante. Che senso avrebbe avuto parlare di eccesso di delega , se la delega non poteva essere nemmeno conferita, perché vertente su una previsione incostituzionale?
Certo dalla Corte ci si sarebbe aspettati qualcosa di più in termini di completezza nell’affrontare le questioni a lei sottoposte; ma ora più che mai appare opportuna una presa di posizione rapida e netta da parte del Governo, ed in particolare del Ministro della Giustizia, affinché dia nuovamente agli operatori del mondo del diritto (al di là dell’appartenenza nella categoria dei favorevoli o contrari alla mediazione) quella certezza che si aspettano: ed in particolare se l’Italia dovrà abbandonare o meno l’idea della costruzione e dello sviluppo di un sistema di risoluzione delle liti alternativo alla giurisdizione gestito in maniera seria ed efficiente , ma che non potrà prescindere, per funzionare, da forme più o meno ampie di obbligatorietà., e si spera, questa volta, emergente dal confronto tra i vari operatori del mondo della Giustizia, e dal contributo costruttivo di tutti.
(Altalex, 6 dicembre 2012.
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