Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, Sezione Sesta Civile, se pur con motivazione sintetica, cassando la decisione del Giudice di appello, riscontra nella decisione impugnata un vizio di insufficiente motivazione descritto nel punto 5) del secondo capoverso dell’articolo 360 del c.p.c., che com’è noto elenca i motivi per cui è esperibile il rimedio del Ricorso per Cassazione. Invero il passaggio della norma citata si limita ad elencare le varie fattispecie di difetto o vizio che può inficiare la sentenza di merito. In tali casi la Suprema Corte può esercitare il proprio potere censorio.Tali fattispecie sono costituite dall’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione. Nella decisione in commento la Corte ravvisa, nella sentenza emessa in grado di appello, un vizio d’insufficiente motivazione proprio perché , ad avviso dei Supremi Giudici, la sentenza impugnata si riduceva ad un riassunto delle norme regolatrici della materia omettendo di “riportare i motivi dell’appello e la descrizione della res controversa, rendendo quindi impossibile ogni valutazione in merito alla consequenzialità logica tra la prospettazione difensiva contenuta nella impugnazione e la apodittica decisione”.
La motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, com’è noto, rappresenta un principio cardine del nostro sistema giuridico , enunciato esplicitamente dall’articolo 111 della Carta Costituzionale e ripreso a chiare lettere dall’articolo 132 del c.p.c. , soprattutto come strumento di controllo della legalità del provvedimento emanato dal Giudice. Tramite la motivazione, infatti, il cittadino ripercorre l’iter logico e gli elementi valutati dall’Organo Giudicante, anche al fine di poter censurare tale percorso in sede di gravame.
Per la Suprema Corte di Cassazione, in particolare, il vizio di insufficiente motivazione sussiste allorché la sentenza impugnata manifesti illogicità consistenti nell’attribuire agli elementi di giudizio un significato estraneo al senso comune, o mostri, nel suo insieme, un’obiettiva deficienza nell’individuazione del criterio logico che ha condotto il Giudice alla formazione del proprio convincimento. Questo non vuol assolutamente dire che il Giudice nell’esplicazione del suo convincimento debba per forza di cose analizzare ogni singolo aspetto della controversia o ogni singola questione a lui rimessa dalle parti, secondo la regola della confutazione – condivisione di ogni argomento, che porterebbe a motivazioni fiume e sovrabbondanti rispetto al tema focale della vertenza.
In tale senso pare esprimersi anche la giurisprudenza recente della Corte di Cassazione ritenendo non obbligato il Giudice a motivare sul superfluo ai fini del decidere .
Diversi dai casi di insufficiente motivazione (anche se talvolta non è semplice individuarne il discrimine) sono quelli della omessa o contraddittoria motivazione .
Nel vizio di contraddittoria motivazione le ragioni poste a fondamento della decisione sono in insanabile contrasto tra di loro, così da non dar modo, anche in questo caso, di individuare la ratio decidendi seguita dal Giudice .
Nel caso, poi, di omessa motivazione occorre distinguere due ipotesi.
La prima è relativa a quei casi, ove, a differenza della motivazione illogica nella quale il passaggio argomentativo su un punto deciso della controversia c’è, ma è argomentato in modo contraddittorio o illogico , in quella omessa, il passaggio manca , nel senso che il Giudice di merito ha evitato di pronunciarsi su un elemento di fatto decisivo della controversia .
La seconda è quella che in giurisprudenza è stata definita come “motivazione apparente” ricorrendo tale ipotesi in relazione alla sentenza che appare intrinsecamente inidonea a far percepire le ragioni che stanno alla base della decisione. .
Va sempre tenuto presento poi che nelle ipotesi di motivazione omessa, insufficiente o illogica tale patologie devono sempre verificarsi con riferimento ai punti decisivi della controversia. Si considera tale quello la cui diversa soluzione avrebbe portato ad una diversa decisione finale. Suo presupposto è quindi l’esistenza di un «…rapporto di causalità logica con la soluzione giuridica data alla controversia, tale che quella circostanza, ove fosse stata considerata, avrebbe portato ad una diversa soluzione ». A tal fine non è richiesto che il rapporto logico riguardi un fatto principale (il fatto cioè costitutivo, estintivo o impeditivo) potendo interessare, purché sussista il rapporto di consequenzialità con la decisione, anche il fatto secondario dal quale il primo è desunto.
Si è anche detto in giurisprudenza che il difetto di motivazione, sanzionabile attraverso l’art. 360 nr. 5 c.p.c. debba concernere solo i fatti e non le nome, rilevando la distinzione tra errore di fatto e errore di diritto, quest’ultimo emendabile attraverso lo strumento di cui all’articolo 384 c.p.c.
Avv. Andrea Ceccobelli (articolo pubblicato per la rivista La Nuova Giustizia Civile: http://lanuovagiustiziacivile.com/difetto-di-motivazione-commento-sentenza-cassazione-250812013/)
IL TESTO DELLA SENTENZA:
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –
Dott. BIANCHINI Bruno – rel. Consigliere –
Dott. PROTO Cesare Antonio – Consigliere –
Dott. CARRATO Aldo – Consigliere –
Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 26594/2011 proposto da:
PREFETTURA – UTG DI FOGGIA in persona del Prefetto pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente –
contro D.S.;
– intimato –
avverso la sentenza n. 215/2010 del TRIBUNALE di FOGLIA – Sezione Distaccata di CERIGNOLA del 30.9.2010, depositata il 05/10/2010; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 27/09/2013 dal Consigliere Relatore Dott. BRUNO BIANCHINI;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. AURELIO GOLIA.
IN FATTO
1 – D.S. impugnò innanzi al Giudice di Pace di Orta Nuova l’ordinanza – ingiunzione emessa dal Prefetto di Foggia con cui era stato respinto il ricorso avverso il verbale di contestazione della violazione di cui al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 142, comma 9, per aver superato di 58 km/h il limite di velocità vigente sulla strada statale n. (OMISSIS).
2 – Il Tribunale di Foggia, sezione distaccata di Cerignola, adito in sede di appello dallo stesso D., pronunziando sentenza n. 215/2010, ne accolse l’impugnazione, ritenendo che i dati riportati nel verbale di contestazione non fossero sufficienti a garantire il diritto di difesa del presunto trasgressore, annullando di conseguenza l’ordinanza-ingiunzione.
3 – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la Prefettura – ora: Ufficio Territoriale del Governo – facendo valere due motivi; l’intimato non ha svolto difese.
IN DIRITTO
Il consigliere designato ha depositato la seguente relazione:
“- Con il primo motivo viene denunziata la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 201, e del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 385, – reg. esec. C.d.S. – in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendo che il Tribunale avrebbe accolto il gravame sulla base della differenza riscontrata tra il verbale originariamente redatto dall’organo accertatore e quello che era stato notificato al presunto trasgressore, in cui sarebbero stati omessi particolari significativi per la completezza della contestazione ed utili per l’esercizio di difesa dell’allora appellante.
– Con il secondo motivo è fatto valere un vizio nell’esposizione del ragionamento logico seguito dal Tribunale – denunziando la insufficienza della motivazione – non avendo spiegato, il giudice del gravame, in cosa consistesse – e quale peso argomentativo rivestisse – la dedotta discrasia tra il verbale meccanizzato notificato al D. e quello originale redatto dall’organo accertatore.
– Esaminati congiuntamente i due motivi – per la loro stretta connessione logica – ritiene il relatore che il secondo sia fondato ed il primo risulti assorbito.
– La sentenza impugnata invero si riduce ad un riassunto delle norme regolatoci della materia, omettendo del tutto di riportare i motivi dell’appello e la descrizione della res controversa, rendendo quindi impossibile ogni valutazione in merito alla consequenzialità logica tra la prospettazione difensiva contenuta nella impugnazione e la apodittica decisione.
– Da ciò deriva la non delibabilità – e quindi l’attuale assorbimento – del primo motivo in quanto la erronea applicazione della norma – o meglio: la sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta portata dalla norma – che colà viene denunziata, ha come presupposto una ricostruzione della volutas judids esposta necessariamente in termini ipotetici (…sembra aver accolto l’appello, sulla base dell’erronea affermazione…).
– Si formula pertanto la proposta di definizione del ricorso, dichiarando il secondo motivo manifestamente fondato ed assorbito il primo”.
Il Collegio condivide le suesposte argomentazioni, non contrastate da avverse deduzioni difensive.
Pertanto il ricorso va accolto nei termini in precedenza evidenziati, con la conseguente cassazione della gravata decisione ed il rinvio al Tribunale di Foggia in persona di diverso magistrato, anche per la ripartizione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia al Tribunale di Foggia in persona di diverso magistrato, anche per le spese del procedimento di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 7 novembre 2013
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